Effetti della spesa farmaceutica su ceti sociali della provincia di Siena

 Autore: Dott. Alessandro Quinti - già Direttore del Laboratorio di Ricerca LIASA  (Laboratorio Intelligenza Artificiale e Statistica Applicata) dell'Università degli Studi di Siena dal 1998 al 2002

 

È STATO SFORATO IL TETTO DELLA SPESA FERMACEUTICA (13% RISPETTO ALLA SPESA SANITARIA)

È di questi giorni la notizia di un consistente incremento della spesa pubblica farmaceutica. È stato superato il tetto del 13% rispetto al totale della spesa sanitaria, da qui azioni di governo volte a ripianare lo sforamento previsto per il 2004 che ammonterebbe a circa 1365 milioni di euro. Il SSN, elemento cruciale del sistema del Welfare è di nuovo nell'occhio del ciclone.

 MA COME MAI LA SPESA (PUBBLICA) FARMACEUTICA AUMENTA?

Innanzi tutto è bene chiarire un equivoco di fondo, ad aumentare non è solamente la spesa pubblica, ma la spesa nel suo complesso, in particolar modo, come vedremo, quella privata, a totale carico del cittadino.

A nostro parere ci sono fattori oggettivamente fuori controllo che portano ad un “fisiologico” incremento della spesa farmaceutica in generale. Questi possono essere riassunti in:

§  invecchiamento della popolazione;

§  insorgere continuo di nuove malattie;

§  maggior presa di coscienza circa l'importanza della prevenzione;

§  maggior attenzione nella cura di alcune malattie una volta considerate con più leggerezza.

 Un altro fattore di cui bisogna tener conto è, inoltre, l'atteggiamento delle aziende farmaceutiche, che fanno ricerca e propongono farmaci diversi e a volte  più efficaci, ma per le quali la salute è prevalentemente un mercato da cui generare sempre maggiore profitto.

Di fronte a questa situazione si pongono una serie di domande che sono  fondamentali per proseguire in una riflessione su questo tema.

Ma la spesa pubblica sanitaria italiana e in particolare quella farmaceutica sono così esorbitanti come ci vengono dipinte? Quale è stato il loro andamento dal 1990 ad oggi, e come risultano alla luce di un confronto internazionale in cui sono presi come riferimento i paesi UE ed OCSE?

Per trovare le risposte analizziamo una serie di dati.

LA SPESA SANITARIA DAL 1990 AL 2002 (DATI OCSE)

Uno studio in merito compiuto su dati OCSE da Pammolli e Salerno e pubblicato nei quaderni del CERM nel  gennaio scorso è degno di nota: praticamente risulta che la spesa sanitaria in Italia  in termini percentuali sul Pil, nel periodo considerato (1990-2002), rimane pressoché invariata al valore di 6,2 punti. Gli Autori affermano: “... come già rilevato per la spesa sociale complessiva, l’incidenza della spesa sanitaria corrente pubblica italiana rimane invariata tra il 1990 e il 2002 al valore di 6,2 punti percentuali”.

Da notare inoltre che: “...durante lo stesso arco temporale, 1990-2002, l’incidenza sul PIL è invece aumentata di 1,5 punti percentuali in Germania, 1,3 punti percentuali nel Regno Unito e 0,7 punti percentuali in Francia.

Considerando i valori medi, l’incidenza della spesa sanitaria corrente pubblica è aumentata di 0,8 punti percentuali per l’intero gruppo dei Paesi OCSE, e di 0,7 punti percentuali per l’intero gruppo dei Paesi UE. Come nel caso della spesa sociale, quindi, l’Italia fa registrare una dinamica inferiore sia a quella media OCSE che a quella media UE.”

E' importante sottolineare come invece, nello stesso periodo considerato, la percentuale di spesa sanitaria privata sul Pil passi da 1,3 a 1,8 punti, con un incremento di quasi il 40% (con punte di oltre il 50% negli anni '98 e '99). Il dato apparirebbe comunque in media con quello dei paesi OCSE e della EU se non fosse presente un comportamento “anomalo” che si rivela (nel periodo in esame) solo per il nostro paese: mentre in tutte le altre nazioni considerate l'aumento della spesa sanitaria privata è accompagnato da un aumento della spesa sanitaria pubblica, nel caso Italia, l'incremento della spesa privata sembra sostitutivo e compensativo di una spesa  pubblica sostanzialmente appiattita al livello del 1990. IL tutto è riassunto nella tabelle seguente.

 Spesa sanitaria corrente pubblica e privata: variazioni di incidenza sul PIL tra 1990 e 2002

 

Variazione spesa sanitaria corrente pubblica su PIL

Variazione spesa sanitaria corrente privata su PIL

ITALIA

0

0,5

Francia

0,7

0,3

Germania

1,5

0,7

Spagna

0,2

0,7

Gran Bretagna

1,3

0,3

MEDIA OCSE

0,8

0,2

MEDIA UE

0,7

0,2

Fonte: elaborazioni Cerm su dati OCSE 

E LA SPESA PER I FARMACI?

È interessante a questo punto analizzare cosa dicono i dati OCSE, a proposito del comportamento della componente di spesa sanitaria (pubblica e privata) relativa ai farmaci. A questo scopo iniziamo con il proporre la seguente tabella riportata dal lavoro citato di Pammolli e Salerno.

 Spesa farmaceutica pubblica % su PIL

 

'90

'91

'92

'93

'94

'95

'96

'97

'98

'99

'00

'01

'02

ITALIA

1,1

1

0,9

0,8

0,6

0,6

0,6

0,6

0,7

0,7

0,8

1,0

1

Francia

0,9

0,9

1

1

1

1

1

1,1

1,1

1,2

1,2

1,3

 

Germania

0,9

 

1,1

0,9

0,9

0,9

1

0,9

0,9

1

1

1,1

 

Spagna

0,9

0,9

1

1

1

1

1,1

1,1

1,1

1,2

1,2

1,2

 

Gran Bret

0,5

0,6

0,6

0,7

0,7

0,7

0,7

0,7

 

 

 

 

 

MEDIA OCSE

0,6

0,7

0,7

0,7

0,7

0,7

0,7

0,7

0,7

0,7

0,7

0,9

 

MEDIA UE

0,6

0,7

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,8

0,7

0,8

0,8

0,9

 

Fonte: OECD health data 2003

E’ evidente come la spesa pubblica per il farmaco sia in Italia (nel periodo '90-'92) come percentuale sul PIL  sempre ben al di sotto di quanto avvenuto in  Francia Germania e Spagna e in generale della media UE, inoltre mentre in queste nazioni, Regno Unito e MEDIE OCSE e UE  compresi, il trend si rivela in ascesa, nel caso Italia si manifesta, al contrario, una tendenza decrescente, tanto che gli Autori così si esprimono: “Dal 1990 al 2002, l’incidenza sul PIL della spesa farmaceutica pubblica italiana diminuisce di 0,1 punti percentuali, e l’Italia è l’unico Paese (assieme alla Polonia e alla Turchia che, per motivi di scarsa comparabilità, non costituiscono un riferimento significativo) a mostrare una variazione di tipo negativo”.

Per converso, dal lato della spesa farmaceutica privata, l'Italia mostra un incidenza sul PIL ben maggiore degli altri paesi considerati, arrivando in alcuni anni addirittura a raggiungere una incidenza 2,5 volte superiore sia alla MEDIA UE, che alla Media OCSE che alla Germania.

Uno sguardo alla tabella che segue consente una visione immediata di quanto sopra detto.

Spesa farmaceutica privata % su PIL

 

'90

'91

'92

'93

'94

'95

'96

'97

'98

'99

'00

'01

'02

ITALIA

0,6

0,7

0,8

0,8

0,9

1

1

1

1

1

1

0,9

0,9

Francia

0,6

0,6

0,6

0,6

0,7

0,6

0,6

0,6

0,6

0,6

0,7

0,7

 

Germania

0,3

 

0,4

0,4

0,4

0,4

0,4

0,5

0,5

0,5

0,4

0,5

 

Media OCSE

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

0,5

0,6

0,6

0,5

0,5

0,5

0,6

 

Media UE

0,4

0,4

0,4

0,4

0,5

0,4

0,5

0,5

0,5

0,5

0,4

0,5

 

Fonte: OECD health data 2003

Nel caso della spesa privata abbiamo dunque un trend in crescita, tanto che nel 2002, la spesa privata arriva ad uguagliare quella pubblica. In sintesi, sempre in base ai dati OCSE, in Italia, la spesa privata per il farmaco nel 2002 è la quarta al mondo per valore di incidenza sul PIL dietro STATI UNITI (1,4), MESSICO (1,4) e CANADA (1,0).

Ancora una volta dunque, similmente a quanto accaduto per la spesa sanitaria nel suo complesso, la spesa farmaceutica privata, in aumento, è andata a sostituire la spesa farmaceutica pubblica, in diminuzione. Si tratta di un fenomeno che ha caratterizzato, nell'ambito dei paesi di riferimento OCSE e UE, solamente l'Italia. La tabella che segue ci permette una idea immediata delle affermazione sopra riportate.

Spesa farmaceutica pubblica e privata-variazioni di incidenza sul PIL tra il 1990 e il 2002

 

spesa farmaceutica pubblica

Spesa farmaceutica privata

ITALIA

-0,1

0,3

Francia

0,4

0,1

Germania

0,2

0,2

Spagna

0,3

nd

Regno Unito

0,2

nd

MEDIA OCSE

0,3

0,1

MEDIA UE

0,3

0,1

Fonte: elaborazioni CERM su dati OCSE

E NEL 2003 COSA ACCADE?

La risposta è molto semplice ed è fornita direttamente dall'osservatorio Osmed del Ministero della Salute: nel 2003 si assiste ad una diminuzione del 5,3% della spesa farmaceutica pubblica a fronte di un aumento del 17,2% della componente di spesa privata. Nel complesso la spesa farmaceutica aumenta del 2,3%. L'incidenza della spesa pubblica sul PIL (secondo dati di Farmindustria) diminuisce di nuovo, e l'Italia risulta essere ancora una volta fanalino di coda rispetto a paesi quali Francia Germania e Gran Bretagna in termini di:

§ percentuale su Pil;

§ valore assoluto per somma totale spesa;

§ spesa pro capite.

Il tutto è riassunto nella tabella successiva:

 

Spesa farmaceutica pubblica in mld di Euro

Spesa pro capite in Euro

Percentuale su PIL

ITALIA

11,1

193,58

0,85

Francia

18,92

319,55

1,22

Germania

22,81

277,00

1,07

Gran Bretagna

13,92

236,57

0,88

Fonte: elaborazioni Farmindustria 

Insomma il fisiologico aumento della “domanda di salute” va sempre più a gravare sul reddito disponibile dei cittadini e questo sia per la spesa farmaceutica che, come  visto in precedenza dai dati OCSE, per la spesa sanitaria nel suo complesso. Non a caso, l'Intesa Consumatori nel febbraio 2003 denunciava che la riforma del prontuario nazionale varata dal Ministero della Salute (DM 27/09/2002) poneva a carico dei cittadini numerosi farmaci passati nella fascia a pagamento, con aumenti considerevoli di prezzo. È noto infatti, che mentre i farmaci in fascia A (con obbligo di ricetta e gratuiti, salvo il pagamento dei ticket nelle 11 Regioni che li hanno reintrodotti) sono soggetti al controllo del prezzo da parte del Ministero, i farmaci in fascia C (con obbligo di ricetta e non rimborsabili) sono considerati prodotti di “libero mercato”, e come tali dunque variabili ad inizio anno previa comunicazione al Ministero da parte delle aziende produttrici.

Vale la pena citare cosa scrivono Roberto Turno e Sara Todaro nel Sole-24 Ore di lunedì 15 marzo 2004: “ nel 2003 boom della spesa privata per i farmaci. La parte del leone l'hanno fatta i tickets: con 641,7 Mln (di Euro) lo stato ha incassato in un anno una crescita boom del 90,4%. Esattamente la metà di tutta la spesa sostenuta di tasca propria dagli italiani nel 2003 per l'acquisto di farmaci...un aumento del 17,2-17,5% sul 2002 che vale 1,168 Mld”. ...Dunque qui si parla di un aumento “effettivo” di 1,168 Mld di euro a spese del privato cittadino per il 2003, dato che non ha avuto la stessa cassa di risonanza che ha avuto il “previsto” aumento di circa 1,365 Mld di Euro della spesa a carico del SSN per il 2004.

Ma ancora continua l'articolo: “Un SSN che nella classe A (gratuita, salvo il pagamento dei ticket nelle 11 Regioni che li hanno reintrodotti) assicura di garantire tutte le cure. E che intanto l'anno scorso è riuscito a risparmiare il 5,3% sull'anno prima. Effetto prezzi, delisting di specialità in fascia C, spinta commerciale all'acquisto dei farmaci da banco, acquisti privati di farmaci rimborsabili a basso prezzo se gravati dal ticket. Sono queste, e tante altre ancora le cause della maggiore spesa farmaceutica privata consumata nel 2003”. 

COME SONO VARIATI I PREZZI DEI FARMACI A PAGAMENTO?

Secondo elaborazioni del Movimento Consumatori, nel 2003 relativamente al gruppo dei farmaci senza obbligo di ricetta, gli aumenti più consistenti si sono avuti nella classe dei prodotti per l'apparato respiratorio (+ 9,9%), seguiti dai dermatologici (+ 9,3%) e Muscoloscheletrici (compresse, pomate per dolori vari, +8,2%). Nel gruppo dei farmaci con obbligo di ricetta i maggiori aumenti si sono avuti negli oftalmici (+ 13,4%) ormoni (11,1%), nei farmaci per l' apparato respiratorio (+10,6%) e nei neurologici (+9,2%). In sintesi, il Movimento Consumatori afferma che per il 2003 su circa 2000 farmaci, solamente 127 hanno avuto un aumento medio inferiore all'indice medio di inflazione del 2,5%, mentre è di questi giorni la denuncia, da parte di Intesa Consumatori,  di un aumento medio dei farmaci a pagamento del 16,8% per i primi 6 mesi del 2004.

IN ITALIA SU CHI PESA DI PIU' IL COSTO  PRIVATO DEL FARMACO?

La risposta è piuttosto semplice da dare se si pensa che: 

1. circa 8 milioni di italiani vivono con un reddito disponibile minore di 800 euro al mese;

2. oggi le cure costano ai malati il 45% in più di tre anni fa (ISTAT);

3. gli ultraottantenni, in aumento,  molti dei quali con pensioni sotto gli 800 euro netti mensili, utilizzano (secondo dati forniti da Luigi D'Ambrosio Lettieri, vice presidente della 3^ Commissione Consiliare Regione Puglia) tra gli 80 e gli 84 anni, più farmaci di quanti non ne abbiano consumati dalla nascita fino agli 80 anni. (A questo punto possiamo poi commentare le tabelle presenti ina allegato circa l'importo medio delle pensioni INPS per fasce di età: dimostrano in  modo esauriente il basso reddito percepito da molti anziani!!!)

4. il 78% della popolazione anziana compresa tra i 65 e i 74 anni età convive con almeno una malattia cronica (il 53% con almeno 2 malattie croniche). La popolazione anziana con età uguale o maggiore a 75 anni presenta nell'85% dei casi almeno una malattia cronica (il 66% ne presenta almeno 2.  Annuario ISTAT 2002)

E SIENA?

Non crediamo che da questo punto di vista la nostra provincia sia un'isola felice. Da un' indagine conoscitiva compiuta presso le farmacie del capoluogo è emerso che in alcuni casi il fatturato dei farmaci in fascia C (con obbligo di ricetta ma senza rimborso) è intorno al 50-55% del totale. La cifra sale al 70% se si considerano anche i farmaci da banco senza obbligo di ricetta. (Ricordiamo che tra questi ci sono anche prodotti di largo consumo e necessari per le persone anziane quali per esempio i fissatori per le protesi dentarie, che diventano vere e proprie spese fisse quasi fossero bollette della luce o del gas).

Sul fatto poi che i farmaci “salva-vita” siano tutti in classe A, emergono forti dubbi, e francamente se così fosse, difficilmente si spiegherebbe il forte aumento della spesa farmaceutica privata del 2003 a fronte del “delisting” varato dal Governo nel settembre 2002. E' un dato di fatto che i farmaci in fascia C siano i più costosi e anche da noi molti cittadini sono costretti a farne uso, e non certamente per “civetteria”, ma come accaduto nel resto d'Italia, per pura necessità. Un esempio sintomatico è il caso delle benzodiazepine, (ansiolitici) che secondo lo stesso Osmed (Osservatorio sull'uso dei farmaci della salute, del Ministero della Salute) “dominano in fascia C”. Tali farmaci sono soprattutto utilizzati dagli anziani per combattere la depressione legata all'età, anche se per questa patologia il prontuario prevede copertura con gli antidepressivi non ansiolitici, caratterizzati da un prezzo inferiore, ma secondo alcuni medici non da una altrettanto efficace azione terapeutica.

Di esempi analoghi se ne potrebbero fare tanti altri. Il problema è ben conosciuto da chi si trova in situazione di difficoltà e per affrontare qualsiasi malattia è costretto a esborsi sempre più pesanti.

Anche a Siena, come nel resto del Paese, la spesa grava inevitabilmente in maniera pesante sulla fascia più debole della popolazione composta da anziani che sono in costante aumento.

SIENA: UNA PROVINCIA CONSIDERATA TRA LE AREE CRITICHE DI INVECCHIAMENTO.

La tabella che segue dà un'idea circa la presenza di popolazione di ultrasessantaquattrenni (65 anni e oltre di età) presenti nella provincia di Siena e fornisce inoltre un raffronto con il dato relativo alla provincia più giovane (Napoli), a quella più vecchia (Savona) e al livello medio nazionale.

Provincia

Popolazione per 100 abitanti con età maggiore o uguale a 65 anni

SIENA

25,1

Napoli (provincia più “giovane”)

12,4

Savona (provincia più “vecchia”)

25,9

Italia

18,6

Fonte: annuario Istat 2003 – Stime al 1° gennaio 2002 su dati di fonte anagrafica

Se applichiamo il valore percentuale osservato al totale della popolazione residente al 31/12/2003 (258.821 secondo dati forniti dall'Osservatorio Sociale della provincia di Siena su base anagrafica) si ottiene una stima di 64.964 persone con età maggiore o uguale a 65 anni. Di questi, sempre secondo dati forniti dall'Osservatorio Sociale, oltre il 20%, per un totale di oltre 13.000 anziani, vive da solo.

PROVINCIA CON IMPORTI PENSIONISTICI MEDI AL DISOTTO DEL LIVELLO MEDIO NAZIONALE

E' da rilevare che  nella  nostra provincia sono presenti pensionati “fortunati” del settore terziario (ex dipendenti pubblici, quali universitari, ospedalieri, oppure bancari) che godono  di un buon reddito, o ricchi proprietari che in tarda età si godono le fortune accumulate nel corso di un'intera vita e che riescono ad affrontare, con difficoltà contenute, l'aumento della spesa farmaceutica necessaria a  migliorare la qualità della loro vita in presenza di malattie. Non bisogna dimenticare, però, che buona parte dell'attuale popolazione degli anziani è composta da ex mezzadri e lavoratori agricoli che  usufruiscono di pensioni minime e che quindi vivono normalmente in condizioni di disagio in una città in cui è particolarmente alto il “costo della vita”: è bene ricordare che questi soggetti anziani  sono in grado  di far fronte economicamente ai crescenti problemi di salute, quando questi si cronicizzano,  solo se aiutati dai familiari.

Per avere una idea approssimativa di quanto sopra detto, si consultino le tavole nelle Appendici (A e B): sono presenti sia le tavole INPS per importi medi unitari (a livello provinciale e a livello nazionale, Appendice A) classificate per tipologia[1], sia le tavole, su dati del casellario INPS,  rielaborate dall'Istat e classificate per funzioni (Appendice B). In particolare, la classificazione per funzioni[2] ci permette di approssimare l'importo medio procapite percepito dalla popolazione ultrasessantaquattrenne[3] (sono disponibili infatti i “numeri” delle pensioni relativi alla previdenza di base, oltre agli importi complessivi per fascia di età). È possibile leggere il dato disaggregato per dipendente privato, lavoratore autonomo e libero professionista a livello sia di previdenza di base che di previdenza integrativa, è poi possibile un confronto con lo stesso dato relativo ai dipendenti pubblici (pensioni erogate da enti diversi dall'INPS)

Secondo una cluster analysis compiuta dall' Istat la provincia di Siena rientra tra le “province nelle quali: 1) da un lato, gli importi medi delle prestazioni pensionistiche sono inferiori al valore calcolato a livello nazionale e 2) dall'altro, il numero di pensioni ogni cento abitanti è relativamente elevato” (Annuario Istat 2003).

L'aspetto di cui sub 1 è tra l'altro direttamente verificabile attraverso la letture delle Tavole INPS presenti in appendice relative al dato sia provinciale che nazionale: l'importo medio per pensione è inferiore di trentatre euro rispetto al dato nazionale. L'aspetto di cui sub 2 è a nostro modo di vedere una diretta conseguenza della elevata concentrazione di popolazione ultrasessantaquattrenne.

Tutte le tavole in sintesi confermano i bassi importi unitari medi delle pensioni percepite da buona parte della popolazione anziana: cosa dire di tutti coloro che percepiscono importi addirittura inferiori a tali importi medi?...Da notare infine la tendenza dell'importo delle prestazioni percepite a decrescere all'aumentare dell'anzianità. 

CONCLUSIONI

Abbiamo osservato l'esistenza di fattori oggettivi che portano ad un aumento “fisiologico” della “domanda di salute”, e questo è un fenomeno che caratterizza non solo Siena e l'Italia ma gran parte (per non dire la totalità) del contesto internazionale. Tramite i dati Ocse abbiamo poi visto che in Italia, a fronte di questa esigenza accresciuta della “domanda di salute” si è verificato un aumento della spesa  privata (farmaceutica e sanitaria corrente nel suo complesso) che è risultato sostitutivo e compensativo di una tendenza a decrescere nel tempo della spesa pubblica ( farmaceutica e sanitaria). Questo mentre negli altri paesi di riferimento dell'UE e dell'Ocse a fronte di un aumento della spesa privata si è verificato un aumento più che proporzionale della spesa pubblica. Da ricordare inoltre i minori valori percentuali della spesa (farmaceutica e sanitaria) pubblica sul Pil dell'Italia rispetto agli altri paesi di riferimento e per per converso i maggiori maggiori valori percentuali della spesa privata sul PIL sempre rispetto agli stessi paesi.

Di fronte ad un “quadro” così dipinto è dunque lecito chiedersi cosa significhi in prospettiva “tetto alla spesa”. Secondo noi delle due l'una:

1. ulteriore diminuzione dei farmaci rimborsati, oppure

2. limitazione degli aventi diritto ai farmaci (e alle prestazioni) attualmente rimborsati.

Questa è la chiarezza che si dovrebbe avere quando si propone e si insiste su tetti a nostro parere insostenibili nelle situazioni attuali, quando tra l'altro si ha l'audacia di proporre fantasmagoriche promesse di taglio delle tasse. A dimostrazione che le nostre non sono lontane ipotesi, è sufficiente sottolinerae come in Sicilia l'assessore regionale alla sanità ha imposto ai direttori generali delle Asl di far pagare i farmaci dal 1° agosto, in caso di superamento del tetto della spesa.

Parlare di tetto della spesa farmaceutica sulla spesa sanitaria ha, a nostro avviso, un impatto negativo sulla percezione che il cittadino ha del SSN: subito il pensiero va a possibili sprechi, a possibili e non motivati privilegi riconosciuti ad alcuni a danno di altri e in generale a danno della intera collettività, insomma non aiuta a migliorare il nostro SSN, che comunque , e bene ricordarlo, è considerato il secondo al mondo dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.

Meglio allora sostituire “tetto sulla spesa”  con razionalizzazione della stessa, con l'introduzione di una “macchina” trasparente ed efficace in grado di assicurare controllo e monitoraggio onde evitare fenomeni patologici di spesa non collegati a diritti e bisogni riconosciuti, ma a pure logiche di consenso.

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[1]Nel Sistema di Classificazione delle Prestazioni Pensionistiche, le informazioni statistiche sono ordinate secondo la classificazione per tipologia di prestazione e secondo la classificazione per funzione economica, che adotta principi stabiliti in ambito europeo (SESPROS). Mentre la prima classificazione distingue i trattamenti pensionistici sulla base della tipologia prevista dalla legislazione pensionistica italiana, la seconda individua il rischio coperto dai vari regimi del sistema di protezione sociale. Per un approfondimento si veda: “Statistiche della previdenza e della assistenza sociale – i trattamenti pensionistici anni 2000 – 2001”, ISTAT 2003

[2]Nella classificazione per “funzione”, nel caso della “funzione vecchiaia” sono comprese tutte le pensioni corrisposte ad ultrasessantaquattrenni, indipendentemente dalla loro tipologia.

[3]A differenza di quanto accade nel caso della classificazione per tipologia, dove è presente solamente l'importo medio per prestazione

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